The Mauritanian

Luce Cine Club

Are you ready? Luce Cine Club Mode on.

Il film di cui parleremo oggi è una recentissima novità targata Amazon Prime Video, che potrete gustarvi comodamente sul divano di casa magari con un bel birrozzo fresco, vista la stagione estiva ormai giunta.

The Mauritanian, adattamento su pellicola del libro best seller Guantanamo Diary, è un solido esempio di cinema d’impegno civile firmato dal regista e documentarista scozzese Kevin Macdonald (State of play, L’ultimo re di Scozia) che racconta una storia giudiziaria allucinante ed incredibile, tratta da una vicenda realmente accaduta.
Siamo nel 2001 quando Mohamedou Ould Slahi (interpretato da Tahar Rahim) il mauritano del titolo in questione, viene prelevato dalla propria terra di nascita e deportato nel carcere di massima sicurezza di Guantanamo, sito a Cuba, per volere del governo americano.
Su Slahi pesano accuse gravissime: di appartenere ad Al Qaeda, di essere uno stretto collaboratore di Bin Ladeen e soprattutto di aver agito come reclutatore dei terroristi che causarono la strage alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.
Dato praticamente per disperso dalla sua famiglia in cerca di risposte, del caso di Slahi si interessa l’arcigna avvocatessa Nancy Hollander (Jodie Foster) che decide di prendere in carico pro bono la difesa del presunto terrorista mauritano.
La Hollander, strenua sostenitrice di un giusto quanto ahimè utopico perfetto stato di diritto, accompagnata dalla sua inseparabile assistente Teri, idealista ed empatica, riesce a trovare Slahi, superando numerose ostilità da parte del governo americano, in quel di Guantanamo.
Parallelamente, il governo Usa incarica, al fine di ottenere la condanna alla pena di morte di Slahi, l’avvocato militare, oltretutto toccato da vicino causa morte di un’amico dall’attentato del 11 settembre, Stu Coch (Benedict Cumberbatch… Doctor Strange per capirci) del gravoso compito dell’accusa del giovane mauritano.
Nel corso di claustrofobiche visite a Slahi, l’avvocato Hollander riuscirà a capire che il suo cliente non è solamente un caso da difendere in nome del diritto, ma è una persona sofferente ed innocente. Si troverà a combattere contro l’ostracismo del governo statunitense che, bisognoso di dare un volto al nemico e assetato da una cieca ricerca della giustizia, ha fatto di Slahi un perfetto capro espiatorio.
Addirittura Coch, che dovrebbe portare Slahi dritto nel braccio della morte, si renderà conto che le prove, le accuse a carico dell’uomo sono perlopiù pretestuose (supposizioni insomma molto deboli se non addirittura totalmente infondate) e quindi si vedrà costretto a rendere conto di questo alla propria coscienza.

Punto focale della pellicola è quando veniamo a scoprire che le confessioni rese da Slahi sono state estorte attraverso il ricorso di torture fisiche e psicologiche disumane.
Assistiamo a una drammatica discesa all’inferno per il povero Slahi, privato, tra quelle mura invalicabili, di ogni dignità e diritto umano e costretto suo malgrado, per far cessare quelle atrocità, ad ammettere cose che non ha commesso.Alla fine, dopo 14 anni di estenuante attesa, Slahi otterrà la meritata libertà e tornerà dalla sua famiglia a tentare di ricrearsi una nuova vita, cercando di lasciare alle proprie spalle l’inaudito incubo che gli è toccato vivere.

Il film è molto solido e compatto, anche se forse sa di già visto e soffre di uno schematismo tipico del genere legal.
Ha però il pregio di ribaltare l’assioma trito e ritrito dell’americano buono e dell’arabo cattivo e riesce felicemente a inquadrare le sfaccettature della figura di Slahi. Attraverso flashback, inquietanti sequenze “oniriche” e di vita quotidiana ripercorriamo il suo calvario e i tentativi da parte dei suoi carcerieri di fiaccarlo, ma anche il suo attaccamento tenace alla vita, la sua integrità morale indistruttibile e la sana e salda fede in Allah.
Ad elevare sopra la media di questo genere The Mauritanian sono, secondo me, le scelte di casting fatte.
Tahar Rahim, nel ruolo del detenuto Slahi, offre un’interpretazione davvero convincente e ricca di sfumature efficaci che ci restituiscono l’intensità vissuta dal personaggio durante il suo personale dramma umano. Come non sottolineare poi, la prova di una fuoriclasse come Jodie Foster, vincitrice del Golden Globe, che nei panni dell’avvocato Holander, risulta davvero credibile nella sua caparbia e stoica ricerca della verità.
Per concludere The Mauritanian, debitore sicuramente del cinema di denuncia tipico degli anni ’70, è un titolo piuttosto godibile, anche grazie all’ottimo montaggio e ad una valida fotografia, che non si rifugia nella facile retorica e riesce a veicolare in maniera credibile la vicenda invece incredibile di Mohamedou Ould Slahi. Pollice su!

Scorrono i titoli di coda. Il film è finito. Ma non la sua magia.

Buone cose.

Il Corry.

ALCUNE CURIOSITA’

  • Benedict Cumberbatch, oltre che in veste di attore, ha partecipato al film anche come produttore.
  • Durante i titoli di coda assistiamo a delle sequenze del vero Slahi, che ci mostrano i momenti del suo ritorno a casa dalla prigionia a Guantanamo, il successo ottenuto dalla sua autobiografia e ad una divertente esibizione di canto.